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18 Aprile, 2025 Cesenatico
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Dati turistici, la politica non può assumersi meriti o colpe che non ha

Uno degli errori più fastidiosi che commettono le amministrazioni dei Comuni a vocazione turistica è quello di considerare, ogni anno, i report di arrivi e presenze come una sorta di verifica elettorale. 

L’approccio è esattamente lo stesso: prendo quel dato, qualunque esso sia, lo manipolo come un cubo di Rubik e poi, calcolatrice alla mano, cerco di “arrangiarlo” secondo la prospettiva migliore: metto in luce, tra arrivi e presenze, la percentuale più suggestiva, declino la comparazione più furba, metto un focus sul periodo di maggior crescita (anche se mi incide per lo “zero virgola”) ed ecco servito l’ennesimo successo a cui brindare. Esattamente lo stesso che avviene dopo ogni tornata elettorale, quando i prestigiatori della politica, con ragionamenti parabolici ed equilibrismi raffinatissimi – da destra a sinistra – riescono a trasformare in una scienza occulta anche i numeri della matematica.

E’ un atteggiamento che nasce da un atto di presunzione, come se l’andamento turistico di una località dipendesse esclusivamente dalle politiche turistiche di un’amministrazione. Si tratta di un falso storico perché ci sono fenomeni esterni che un ente pubblico può gestire ma non prevedere (alluvioni, mucillagini, escherichia coli, maltempo e pandemie) ed anche perché, al di là di ogni protagonismo, il sistema-vacanza a Cesenatico è nato e si sostiene soprattutto grazie all’impresa privata e non certo sull’onda delle geniali intuizioni di chi l’ha governata in questi 70 anni.

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Detto che il “vizietto” è anche delle minoranze, che sui segni “meno” imbastiscono processi ed inquisizioni, giova ricordare che i grandi “pionieri” del nostro turismo non sono mai stati politici e, se abbiamo costruito su un lembo di sabbia di cava una delle più grandi industrie della vacanza, lo dobbiamo ai Ricci, ai Delvecchio, ai Manuzzi, ai Battistini, ai Vernocchi e ai Tosi, così come oggi ci sono i Falzaresi e i Scialfa. 

Il Presepe della Marineria, sul quale oggi si fonda il Natale record di Cesenatico, non è un’idea di un sindaco, ma di un artista. E l’opera turisticamente più impattante del millennio in questa città – il Grand Hotel da Vinci – non è stata finanziata con i fondi del PNRR, ma con i soldi di Tonino Batani. Primo Grassi fu il più grande visionario del nostro turismo perché – come ricordò il figlio Fabio al suo funerale – era un “civico, un laico e un pragmatico” (non certo un politico). Il mega-esperto della DMO ci consiglia di puntare sull’identità romagnola? Bene, Edward Scialfa la prossima estate ci regalerà il primo albergo olistico con un tempio zen. E vedrete che, alla fine, avrà ragione lui.

Ora, qual è il ruolo di un’amministrazione di un comune turistico? Quello di pensare alla cornice, di confezionare un calendario eventi all’altezza, di non intralciare gli investimenti dei privati (come è stato fatto con i Zaccheroni) e, laddove possibile, di finanziare delle campagne promozionali almeno su scala nazionale (ma quelle che funzionano, si sa, sono costosissime e quasi sempre fuori dalla portata dei nostri budget). 

Quindi, ben vengano la festa del pesce, i fuochi di Garibaldi e i venerdì di Lalla e Palooza, ma tutti questi eventi, che riempiono Cesenatico dieci weekend all’anno, sono bazzecole rispetto alla continuità delle macro-strategie di incoming di Eurocamp ed Accademia Acrobatica (oltre cento eventi internazionali in due), ai campeggi della Glamping di Terzo Martinetti (seimila posti letto!) o ai format “all-inclusive” del Club Family Hotel che, nei suoi tredici villaggi, contabilizza da solo oltre tre volte i pernottamenti registrati in tutta Cesenatico nel mese di dicembre.   

Insomma, ai vertici dei progetti turistici che contano – oggi come ieri – ci sono i privati, non i politici. Quindi è giusto spremersi le meningi per rilanciare la Notte Rosa o per rianimare la Nove Colli ma, se vogliamo parlare di sviluppo o di “upgrade”, nulla inciderà mai sul nostro turismo come i progetti “Premium” a Ponente del gruppo Falkesteiner. 

Per una località a vocazione turistica i report sui pernottamenti – positivi o negativi che siano – non devono diventare dei fiori all’occhiello per puntellare il consenso politico né viceversa comodi pretesti per attaccare l’amministrazione. Quei dati non vanno raccontati alla città con una narrazione suggestiva ma condivisi come dei preziosi spunti analitici per evidenziare, anno dopo anno, con la massima autocritica possibile, ciò che funziona e ciò che va migliorato. 

E allora, anziché bearsi di quel dicembre con numeri da guinness, perché non cominciare ad interrogarsi sui trend sempre più deludenti di settembre che, in termini di presenze, vale quattro volte il Natale? E, visto che ci siamo, perché sforzarsi a decantare il successo dell’ultima Notte Rosa (con tanto di transenne ristrette e foto tagliate) quando, in tutta la Romagna, si è parlato di modello stanco e da ripensare?

Piaccia o no, i dati turistici non appartengono né alla Regione né al Comune di Cesenatico, ma ad un’intera filiera di centinaia di imprese ricettive in cui l’imprenditore sarà sempre al centro perché, alla fine, è lui a perderci o a guadagnarci. E allora la politica torni a camminare sulle orme dei privati (e non viceversa), ascolti le loro istanze anziché impartire lezioni che non può dare e, soprattutto, la smetta di addossarsi meriti (e colpe) che non ha. 

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