Partiamo da una domanda banale: se è vero – come è vero – che tutti vorrebbero venire a vivere a Cesenatico, per quale ragione, da ormai quindici anni, siamo sempre i soliti 25mila abitanti?
Il fatto che non si facciano più figli è un fattore di cui tener conto (dal 2010 ad oggi le nascite in Italia sono diminuite del 30%) eppure l’algoritmo della natalità non basta a spiegare questa stagnazione demografica confermata anche dall’ultimo report di gennaio che certifica in maniera impietosa che, anche nell’ultimo anno censito (il 2023) – nel saldo nati/morti – abbiamo perso altri ventidue residenti.
Anche gli stranieri immigrati, che in altre località colmano in parte il gap demografico, a Cesenatico già da diversi anni non riescono più ad aumentare di numero e, con poco più di duemila unità, restano ben al di sotto del 10% del totale della popolazione.
Eppure, se parli con i titolari delle 35 agenzie immobiliari che oggi lavorano stabilmente sul nostro territorio comunale, il refrain è sempre lo stesso: “Abbiamo centinaia di richieste di persone che, con un’elevata capacità di spesa, vorrebbero venire a vivere a Cesenatico, ma non riescono a trovare abitazioni disponibili”.
E se la città è off-limits per chi ha i soldi, figuriamoci per le giovani coppie per le quali si ragiona, al massimo, da Ponte Pietra in su. Insomma, siamo pochi e sempre più vecchi e questa è la ragione per cui, nelle sere d’inverno, la zona mare di Cesenatico sembra Lido di Savio.
Il problema è serio, ma non è mai stato sull’agenda politica delle ultime amministrazioni che non hanno mai avvertito il bisogno di cambiare le loro politiche abitative (che sono cosa diversa dal welfare) e così, mentre la vicina Cesena a fine 2024 ha aderito al “Patto per la casa” – una misura regionale che sarà anche demagogica ma che certifica quantomeno una presa d’atto del problema – a Cesenatico su questo tema si è fatto poco o nulla. E questa è la ragione per cui, malgrado la città sia stabilmente ai vertici delle classifiche nazionali di gradimento, il numero di abitanti resti sempre lo stesso.
Oggi, più che una città, siamo un feudo, una sorta di granducato monegasco riservato solo ad un’aristocrazia di cittadini selezionatissimi, tanto che viene il sospetto che anche Sinner e Leclerc faticherebbero a trovar casa tra viale Roma e viale Trento. Per le giovani coppie, quelle che dovrebbero essere la futura spina dorsale di una comunità, Cesenatico sembra Narnia: al massimo puoi venire al mare la domenica, ma la residenza te la sogni.
Mancano le case? No, quelle ci sono, ma si accendono come i presepi solo a primavera, quando arrivano i turisti che, in quattro mesi, lasciano in media cinque volte quello che una famiglia lascerebbe in dodici.
Per carità, con gli episodi di morosità seriali, il proprietario di un appartamento ha il sacrosanto diritto di affittarlo a chi vuole e alle condizioni che ritiene più vantaggiose, ma questa rincorsa alla massimizzazione dei profitti, ha una controindicazione che, prima o poi, come collettività, pagheremo: quella di trasformarci in un paese “dormitorio” dove, per sette mesi l’anno, tra palazzi spenti e serrande abbassate, ci sembrerà di rivivere i tempi macabri del lockdown.
Per altro – tra Netflix, delivery e social – stiamo perdendo gradualmente anche la cultura della socialità reale e, se oggi, passeggi da solo dopo le 21 in una piazza di Cesenatico o ti chiedono un grammo di hashish o tua moglie ti ha appena cacciato di casa.
Insomma, in un mercato libero, nessuno può opporsi agli affitti brevi turistici, ma non si può negare che questo fenomeno stia seriamente compromettendo la disponibilità di alloggi per famiglie.
Di fronte a questo scenario il governo della città può fare tanto perché il tema dello sviluppo di un territorio passa anche attraverso le sue politiche abitative. E se i ricconi emiliani che vorrebbero la seconda casa a Cesenatico, alla fine, sono un tema “economico”, quello delle giovani coppie che non riescono più a prendere la residenza in città è invece un tema “sociale”. E, come tale, riguarda la politica.
Servono dunque nuove misure per la cosiddetta “fascia grigia”, quelle famiglie, cioè, con un indicatore Isee fino a 35mila euro, che non possono accedere all’Edilizia residenziale pubblica, ma che sono in difficoltà nel trovare una soluzione sul libero mercato.
Quali dunque gli interventi per provare ad invertire questa china? Copio e incollo ciò che fanno altri comuni: fondi di garanzia per i locatari in caso di morosità, incontro tra domanda e offerta per gli alloggi sfitti, progetti integrati, recupero degli appartamenti vuoti a canone calmierato, sostegni per gli inquilini, contributi a fondo perduto, leve finanziare e fiscali e agevolazioni sul mercato dei mutui per la prima casa. Da queste (ed altre) misure passa una politica abitativa sostenibile, inclusiva e in grado di affrontare le sfide del futuro.
Se qualcuno non l’avesse ancora capito, siamo di fronte ad un’altra grande questione sociale. La partita sul commercio Cesenatico l’ha già persa, speriamo che quella sulle politiche abitative finisca in modo diverso.