Benedetti, lei allena il Bakia da ormai 6 anni ma in pochi conoscono le peripezie che ha dovuto affrontare tra la pandemia e la mancanza di licenza per allenare e la situazione in cui era caduta la società, che militava in seconda categoria al suo arrivo…
‘In effetti arrivo a Cesenatico nel luglio del 2019, quando il Bakia è appena retrocesso in seconda categoria. Ufficialmente figuro come collaboratore perché mi mancava il patentino da allenatore, per questo risultava Marcello Faedi come mister (ancora nello staff tecnico, ndr).”
Come valuta quella sua prima stagione da capo allenatore di una prima squadra?
”Ero giovane, avevo 32 anni, e mi venne chiesto di centrare la promozione in prima categoria. Arriviamo a marzo con un distacco siderale dalla seconda, 14 punti, ma a quel punto il campionato viene interrotto dalla pandemia. Morale della favola? Mancavano solo i festeggiamenti, strozzati in gola dal virus”.
Non che l’annata successiva sia andata tanto meglio…
”Esatto, a settembre del 2020 sembra che anche il calcio dilettantistico possa ripartire e invece la nostra fu una delle prime squadre ad essere colpita direttamente dal contagio. Giochiamo 3 partite e poi viene sospesa la stagione, che non verrà più ripresa”.
Invece a giugno del ’22, dopo che il Bakia è finalmente tornato nel campionato di promozione, succede qualcosa di inaspettato…
”Sì perché la società, dopo la separazione avvenuta a fine 2021 per problematiche interne, si ripresenta da me chiedendomi di tornare. Nel frattempo avevo conseguito il primo patentino da allenatore (Uefa C) e, con la stessa rosa che arrivò seconda in prima categoria più due innesti, arriviamo settimi, ma con un grande rimpianto: se non si fosse infortunato Lorenzini (l’attaccante, ndr), ne sono certo, avremmo centrato almeno gli spareggi”.
Mentre l’anno scorso molte energie sono state utilizzate per il cammino da sogno in coppa…
”Esatto: arriviamo ottavi in campionato ma in finale di coppa, che ci avrebbe poi permesso, in caso di vittoria, di salire in Eccellenza. Ricordo un cammino strepitoso in cui siamo stati capaci di eliminare squadre fortissime. Peccato per quella finale giocata lontano da Cesenatico ma davanti ad una cornice di pubblico splendida”.
Arriviamo quindi a quest’annata, roboante all’inizio e in decrescita da Natale in poi: che sta succedendo?
”Siamo stati per parecchio tempo attaccati al treno delle prime, senza forse poterne reggere il ritmo e ora stiamo pagando dazio. Rimangono 11 partite per raddrizzare l’annata”.
Come pensa di poter colmare questo gap che continua ad esserci tra voi e le squadre del vertice, con cui avete dimostrato di reggere il confronto?
”È brutto da dire ma mi sembra di scontrarmi con ambizioni diverse dalla mia. Una squadra per salire di categoria deve avere fame, ambizione appunto, e questo comporta dei sacrifici. A inizio stagione eravamo in 22 ad allenarci, da dopo le feste lavoro con un gruppo di 15/16 ragazzi ogni seduta. Così è obiettivamente difficile puntare in alto”.
Pensa che qualcuno si sia rilassato un po’ troppo?
”Questo lo hai detto tu. Io dico che, quando si lavora da molti anni con lo stesso gruppo di ragazzi (se non qualche piccolo cambiamento), la situazione tende ad appiattirsi. Il giocatore impara a conoscerti e perdi forza, le parole hanno un peso specifico inferiore e puntare al massimo diventa proibitivo. E purtroppo non si può stare in zona comfort se vuoi rendere al massimo”.
Un cammino lungo e tortuoso: quali sono le cose che più le sembrano cambiate rispetto a quando è arrivato qua?
”Innanzitutto è salito l’appeal della società, perchè in seconda categoria sei praticamente nel dimenticatoio mentre ora siamo stabilmente nelle prime 10 della promozione. Altre cose, purtroppo, non sono cambiate come il fatto che, essendo una città che vive l’estate in maniera lavorativa, tanti ragazzi fino a fine settembre si alternano tra lavoro e allenamenti e c’è chi poi riesce a prendere le ferie solo in inverno, nel mezzo della stagione. Questo incide pesantemente sulla continuità nel lavoro”.
Futuro a breve termine: l’anno prossimo si vede ancora sulla panchina del Bakia?
”Come ogni anno verranno fatte le dovute valutazioni, sia da parte mia che della società. Già la scorsa estate siamo stati vicinissimi a lasciarci perchè avevo due proposte da squadre importanti che poi non si sono concretizzate per più motivi”.
E nel lungo periodo invece a cosa ambisce?
”Ho un sogno nel cassetto che è quello di diventare un allenatore professionistico ma non bisogna confondere aspirazione con presunzione: la realtà oggi dice che sono al Bakia e i piedi sono ben piantati a terra. Penso a fare il massimo in ogni situazione in cui mi trovo”.
Qualche modello nel mondo dei big?
”Apprezzo molto Dionisi, ora al Palermo, con cui ogni tanto mi messaggio”.
L’anno scorso ha fatto vincere alla società il “premio valorizzazione” per i tanti giovani mandati in campo ogni partita. È un suo pallino quello di coltivare i talenti in erba?
”Ho un’idea chiara: giovane o non giovane se un giocatore merita di giocare con me scende in campo. A Cesenatico ho la fortuna di poter attingere da un grande bacino di giovani talentuosi”.
In chiusura qualche domanda sul lascito di suo padre, ex calciatore di Serie A e B oltre che amatissimo allenatore del Cesena. Qual è l’insegnamento che si porta dietro?
”Non provare ad essere ciò che non sei, perché lo spogliatoio ti legge e se hai una maschera non durerai. Oltre alla cura per i rapporti con tutte le figure: dal giardiniere al presidente passando per i magazzinieri. Mi ha trasmesso la passione per il ruolo dell’allenatore, da quando ero piccolo e mi recavo in bicicletta a seguire le sue sessioni a Villa Silvia, mentre i miei coetanei erano al mare”.
Un momento che le ha lasciato qualcosa dentro?
”Ricordo un torneo in cui allenavo i bambini, qua a Cesenatico nel 2012: finita la partita lo vedo attaccato alla rete, senza che sapessi nulla della sua presenza, e dopo avermi chiamato a rapporto mi dice che, secondo lui, avrei potuto fare l’allenatore. Mi colpii perché, conoscendolo, so che non me l’avrebbe mai detto se non lo avesse davvero pensato. Da quelle parole è poi partito il percorso che oggi mi porta ad essere qui”.