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6 Giugno, 2025 Cesenatico

I giovani, Londra, l’arte e la solidarietà, il salone “etico” di Enrico Chillon

“Una donna che si taglia i capelli è una donna che sta per cambiar vita”, diceva Coco Chanel. Ecco perché, quando si parla di parrucchieri, é riduttivo parlare solo di estetica e di immagine. 

Un po’ Lord inglese un po’ Salvador Dali, Enrico Chillon – titolare in viale Trento di un omonimo salone di parrucchieri – è uno dei professionisti più apprezzati del settore.  

Amatissimo dai suoi dipendenti (“al primo posto la formazione”), grande interprete delle mode del momento (“ma più dei trend conta la persona”), un po’ confidente e un po’ confessore, Enrico Chillon é stato ospite di “PodCart”, il nuovo podcast di Art Mbt, il locale-lounge sul lungomare Carducci. 

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E’ stata l’occasione per ripercorrere le tappe di un’avventura imprenditoriale entusiasmante che, ogni anno, regala nuovi spunti, vecchi classici e tante emozioni.  

I giovani, Londra, l’arte e la solidarietà, il salone “etico” di Enrico Chillon - La Voce di Cesenatico

Enrico, come ogni racconto, partiamo dall’inizio: quando e perché hai deciso di diventare parrucchiere?

“Beh, dobbiamo andare parecchio indietro negli anni, anche se – lavorando tra le donne – anch’io mi avvalgo della facoltà di non rivelarvi i miei anni. In ogni caso, ho iniziato facendo il barbiere e ho continuato fino a quando mi sono accorto che i maschietti sono più noiosi delle donne. A differenza di ciò che accade oggi, infatti, a quei tempi gli uomini non cambiavano mai il loro modo di pettinarsi e allora capii in fretta che mi sarei divertito professionalmente molto di più con il genere femminile”. 

Come é nato il tuo salone? 

“Io lavoravo a Cesena, ma da giovane tutte le mie amicizie le avevo a Cesenatico dove trascorrevo gran parte delle domeniche. Ho scelto di aprire il mio salone qui perché questa é una città che, tra residenti e turisti, non ti permette di sederti in nessuna stagione dell’anno. Per chi, come me, cerca sempre nuovi stimoli, Cesenatico é il contesto professionale ideale perché, come recita il claim di una famosa serie tv, ‘non sai mai chi entrerà da quella porta’. E anche questo é un bel modo per mantenersi giovani”.

Dopo 30 anni di attività, continui a frequentare assiduamente i più disparati corsi di aggiornamento: sono davvero così essenziali?  

“In questo mio percorso professionale ho capito una cosa importante, ovvero che, al di là della necessità di restare sempre aggiornati, una delle componenti fondamentali di questo lavoro é la creatività. Per questo considero ‘formazione’ anche andare ad una mostra di quadri, frequentare un corso di psicologia o uno stage manageriale. Oggi il parrucchiere non può limitarsi al ‘saper tagliare i capelli’, ma deve anche interpretare le mode del momento, comprendere la genesi di alcune tendenze e vivere questa professione come una sintesi di molteplici esperienze”.

Si spieghi meglio…

“La moda non nasce dagli stilisti, ma dall’architettura: quando gli interior designer cominciarono, anni fa, a parlare di legno e di materiali naturali, quella tendenza finì per influenzare l’abbigliamento, con un ritorno alle sete naturali, e poi – di riflesso – anche il mondo dell’acconciatura con una richiesta sempre più pressante di prodotti biologici e di nuance sempre più vicine ai colori della terra. Questo per dire che, per conoscere ed interpretare in modo corretto le ‘mode del momento’, un solo corso non ti basta”. 

I giovani, Londra, l’arte e la solidarietà, il salone “etico” di Enrico Chillon - La Voce di Cesenatico

Come é cambiato in questi anni il lavoro del parrucchiere?

“E’ cambiato tanto. Anni fa, ad esempio, eravamo tutti alla ricerca spasmodica della novità. La domanda era sempre la stessa: cosa va quest’anno? Cosa posso proporre di nuovo nel mio salone? Oggi invece, al di là delle mode, grazie ad un approccio meno sistemico e più sartoriale, al centro di tutto c’é sempre la persona. Oggi non possiamo più imporre una novità standard a tutti. Anni fa, credo fosse il 1986, quando era di gran moda la permanente riccia sul taglio pari, tutti abbiamo proposto quel taglio. Oggi, dopo che abbiamo frequentato corsi in cui ci hanno insegnato che una bella acconciatura passa anche dalla somatica del viso e dalla corporatura, prima di imporre una moda, ci chiediamo qual é il taglio giusto per quella specifica persona. Quindi, la corsa alla novità é diventata meno frenetica e oggi il bravo parrucchiere é più slow, ovvero più propenso a soffermarsi e a ragionare. Insomma, finita la catena di montaggio, oggi si lavora soprattutto per appuntamento, prendendoci per ogni cliente il tempo che serve”. 

Oggi sentiamo spesso usare il termine “skin-care” quotidiana: esiste una skin care anche per la cute? 

“Assolutamente sì e, alla fine, sarà quella parola lì che determinerà il futuro dei tuoi capelli. L’equazione del resto é molto semplice: se tu tratti la cute nel modo giusto salvaguardando la tua cheratina, beh allora anche in età avanzata potrai continuare a giocare con i tuoi capelli. Viceversa, una routine saltuaria o sbagliata ti lascerà in testa poco o niente”. 

Qualche consiglio?

“Lo shampoo tutti i giorni va bene, io stesso mi lavo i capelli tre volte al giorno, ma dobbiamo sempre ricordarci che bisogna lavare la cute non i capelli. Così come, al di là dei messaggi pubblicitari, é importante sapere che lo shampoo non cura ma lava. Anche la consistenza o la cremosità di certi prodotti, alla fine, non serve a nulla ed é per questo che io consiglio spesso di diluirli. Come sconsiglio anche l’utilizzo del balsamo prediligendo un condizionante o una maschera per le lunghezze. In ogni caso, volete sapere qual é il prodotto più prezioso per i nostri capelli? Senza dubbio l’acqua perché un’idratazione abbondante garantisce l’equilibrio nel nostro mantello idro-lipidico e quindi resta sempre l’antidoto più efficace contro ogni problematica”.   

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Quali sono le tendenze della moda-acconciatura per il 2025?

“Indico tre tendenze: un taglio spettinato per una donna giovane che va a correre o in palestra, il ritorno della frangia che, va precisato, é un ‘must’ di ogni primavera ma in estate non é mai facile mantenerla, e c’é anche un ritorno dei ‘classici’, quindi i bob (o caschetto alla Valentina), sia lungo che più all’americana ammorbiditi sulle punte. Sui colori invece c’é un ritorno al ‘caldo’, quindi alle miscelazioni dei rame e si abbandonano un po’ i biondi freddi. Ma tutte queste tendenze, lo ripeto, devono sempre essere modulate in base alla personalità di ogni cliente”. 

E’ sempre facile portare le “mode del momento” all’interno del tuo salone? Nel senso… le donne accettano i cambiamenti o sono restie? 

“Mah, la donna che viene in salone e ti dice che vuole cambiare radicalmente il proprio look é ormai una rarità. I cambiamenti ci sono ma, rispetto al passato, sono mediamente più graduali e meno radicali. Anche la donna abitudinaria, quella che vuole rimanere nel suo stile, apprezza generalmente un dettaglio diverso. In ogni caso, quando propongo un cambiamento, di solito tra le mie clienti non trovo grandi resistenze”.

Qual é la tipologia classica della “cliente di Cesenatico”?

“E’ una cliente che ama la novità, ma che resta fedele alla sua bella staticità. Vogliono essere tenute al corrente delle evoluzioni delle mode, ma modificano il loro aspetto in maniera moderata. La differenza la fanno i giovani che, viaggiando molto, sono più aperti al cambiamento e alla libertà”.   

Ci sono differenze tra un salone di Cesenatico e un salone di Milano o Londra? 

“Con Milano le analogie possono essere tante, con Londra, che é una città che amo e che ho frequentato tanto, le differenze invece sono molto evidenti. Nei saloni di parrucchieri della City tu paghi, in primis, l’esperienza e dunque il lavoro é in gran parte finalizzato alla crescita dei giovani, che é un aspetto a cui tengo molto. A Londra, nello stesso salone, se i capelli te li taglia un maestro di quinto livello, il costo é diverso rispetto ad una seduta con un parrucchiere ancora inesperto. E’ un approccio che sto iniziando a sperimentare anch’io nella mia attività, proponendo tariffe promozionali a quei clienti che scelgono i nostri giovani. Profili, ci tengo a precisare, assolutamente all’altezza, ma magari un po’ più lenti. Penso sia una modalità forse coraggiosa ma efficace perché i giovani, se li vuoi far crescere, devono lavorare assiduamente, non restare dieci anni dietro alla sedia a guardare”.

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Ci sono saloni di parrucchiere che, in cambio di royalty, hanno siglato partnership con centri di trapianto, alcuni in Italia, altri in Turchia, altri ancora nell’est Europa: voi lo fate? E se qualcuno vi chiede consigli per un trapianto cosa gli rispondente?

“Io faccio il parrucchiere e, sinceramente, oltre non voglio andare perché con i trapianti entriamo in una sfera medica che impone competenze ed esperienze che io non ho. Per dare un consiglio oculato dovrei visitare la struttura, parlare con i medici, rendermi conto in prima persone dei loro servizi. Segnalare qualcuno in cambio di una provvigione non appartiene al mio modo di lavorare. Posso, al massimo, indicare un luogo o una clinica in cui miei clienti si sono trovati bene ma, oltre a quello, non vado e, sinceramente, certe situazioni mi fanno anche un po’ sorridere…”. 

In che senso? 

“Il mio lavoro consiste nel provare a preservare i capelli sulla testa dei miei clienti e, perché questo avvenga, come dicevo prima, occorre prendersi cura della nostra cute con una routine quotidiana. Se tu non fai prevenzione il diradamento accelera e ciò che non hai fatto prima dovrai farlo dopo perché la manutenzione di un post-trapianto – tra integratori, alimentazione, PRP e prodotti dedicati – mi pare molto più laboriosa”. 

Calvizie o diradamento dei capelli: tra i giovani é un problema in crescita o in regressione? 

“Non ho dati ufficiali per rispondere. Quello che vedo, però, dal mio osservatorio é che i giovani hanno una maggiore attenzione verso la cura dei capelli. A parte qualche idiozia che leggono sui social, rispetto agli adulti si informano di più e meglio e questo, in prospettiva, mi pare una bella notizia”.

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Trico-pigmentazione, la consigli oppure no?

“Quando lavoravo per alcune trasmissioni televisive, negli studi dove c’erano al soffitto faretti particolarmente potenti, i problemi di diradamento venivano evidenziati in maniera impietosa. A quel punto, con alcune polveri per la cute, rimediavamo in qualche modo, coprendo i buchi più vistosi. Era un po’ l’effetto ‘trico’ e dunque, se il lavoro é fatto bene, io penso che il risultato finale sia molto efficace. Personalmente la consiglio perché é una tecnica meno invasiva rispetto ad un intervento di trapianto e, in molti casi, l’effetto finale é assolutamente naturale. In questo senso, conosco dei professionisti di alto livello che non avrei problemi a consigliare ad un mio cliente”. 

Trattamenti con raggi laser in grado di contrastare la caduta dei capelli e rivitalizzare i cosiddetti bulbi dormienti: servono oppure no?

“Stimolare i bulbi un po’ lenti é sempre positivo ma, dalla mia esperienza, detto che in tricologia i miracoli non esistono, non mi pare di aver mai visto dei risultati eclatanti”. 

Mercato degli integratori: molti servono per avere capelli più belli, lucenti e robusti, almeno cosi sono pubblicizzati. Funzionano davvero?

“Non c’é dubbio che i capelli abbiano bisogno di alcune sostanze. Per questo le alternative sono due: o i centrifugati o gli integratori, dipende da quanto tempo hai. Se ti centrifughi quattro carote e quattro foglie di insalata in quel mix hai quasi tutti i nutrienti che servono ai nostri capelli. Se invece non hai tempo la pasticca di integratori va bene a patto che venga accompagnata dalla giusta idratazione”. 

Alcol, fumo, sole, alimentazione: qual é il nemico più  pericoloso per i nostri capelli?

“Il fumo al primo posto perché provoca vaso-costrizione e dunque toglie ossigeno alla cute. Sull’alcol mi astengo perché non ho evidenze scientifiche, mentre i raggi solari senza dubbio danneggiano i capelli, soprattutto le lunghezze. E poi occhio a certe pettinature, come la riga in mezzo o le treccine, che sottopongono parte della cute al sole diretto e dunque al rischio di gravi ustioni”. 

Prurito, psoriasi del cuoio capelluto, seborrea e iperidrosi… accade, a volte, che il parrucchiere debba consigliare al cliente un controllo più  approfondito dirottandolo magari anche da un medico o da uno specialista? 

“Sì, mi é capitato di segnalare una possibile anomalia ad un ragazzo giovane e sono felice che quella segnalazione sia stata tempestiva ed abbia scongiurato danni maggiori”. 

Anni del Covid: come hai vissuto quel periodo? Anche da Chillon c’era lo “spaccio” dei coloranti a domicilio?

“Sì li avevamo ribattezzati i ‘kit salvezza’ e ricordo che, come un portantino provetto, ero io che personalmente li andavo a consegnare al domicilio delle clienti. E’ una modalità che, per la verità, abbiamo continuato a proporre anche dopo la pandemia perché, ancora oggi, la cliente che non ha tempo di venire in negozio, ci richiede quel famoso kit salvezza”. 

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Nel tuo salone c’é anche un comparto interamente dedicato alla barba dell’uomo…

“Abbiamo un trattamento gentleman che, almeno una volta nella vita, io consiglio di provare. E’ una “coccola” di 45 minuti che viene dal passato e, infatti, la zona Barber, affidata ad un vero professionista della materia, richiama fedelmente le scenografie dei barbieri di una volta. In un angolo della Barberia c’é anche una vetrinetta con una collezione di vecchi arnesi del mestiere, compreso gli strumenti per riaffilare le lame e due rasoi donati da Napoleone in persona ad un suo generale dopo una battaglia”.  

Scuole di acconciatura: quando un giovane viene da te e ti dice “ho frequentato quella scuola”, tu ti senti sollevato, svilito o… fa lo stesso?

“Sono convinto che le scuole siano utili. Io, che pure mi reputo un bravo formatore, non avrei mai il tempo per raccontare ad un giovane la conformazione della cute, la colorimetria e la chimica dei prodotti. Noi, però, da Chillon abbiamo quelli che io ho chiamato ‘gli usi della casa’, ovvero quell’impianto di regole e protocolli a cui tutti devono uniformarsi. Perché le scuole sono bellissime, ma ogni parrucchiere ha la sua identità ed é giusto che venga preservata”. 

Spesso la tua attività sposa delle nobilissime cause solidaristiche, l’ultima delle quali – in occasione della festa della donna – ti ha visto protagonista di una campagna di sensibilizzazione a favore delle donne malate di tumore e soggette a trattamenti chemioterapici: ce la vuoi raccontare?

“Un giorno, era circa sei anni fa, lessi quasi per caso una mail nella quale l’istituto oncologico romagnolo annunciava il suo progetto ‘Margherita’ finalizzato alla donazione di una parrucca alle pazienti oncologiche. Telefonai al numero indicato e mi dissero che, fino a quel giorno, non avevano ricevuto alcuna adesione. Spiegai loro che la mail era lo strumento meno indicato per mettersi in contatto con i parrucchieri e, da quel momento, mi feci promotore assieme ad altri colleghi di un tam tam che, nel giro di poco tempo, riunì un discreto numero di saloni. Il progetto di crowfunding decollò e, credo un paio di anni fa, durante un galà dello IOR, ci lessero una lettera di una bambina che ci ringraziava perché la sua mamma era bellissima. Quella fase divenne il sottotitolo di un progetto che nasce con l’obiettivo di donare e che, invece, in ogni occasione, ti restituisce sempre molto di più”. 

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